P. Brunello: Storia di anarchici e di spie

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Titel
Storia di anarchici e di spie. Polizia e politica nell’italia liberale.


Autor(en)
Brunello, Piero
Erschienen
Roma 2009: Donzelli Editore
Anzahl Seiten
174 S.
Preis
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Enrico Francia

Abano 1881: un gruppo di anarchici si è dato appuntamento presso un’osteria per una riunione politica, ma la polizia, informata dell’incontro, fa irruzione nel locale e arresta nove persone. Un evento non certo insolito nell’italia di quei decenni, quando la creazione di una rete internazionalista è accompagnata da continui interventi repressivi da parte delle autorità. Ma come si arriva ad un epilogo di questo genere? «come funzionano i meccanismi di controllo messi in atto dagli apparati statali» (p. xv)? e infine chi sono i soggetti sui quali si esercita la diuturna attività di sorveglianza della polizia? Sono queste le domande al centro del libro di Brunello che utilizza come caso di studio gli arresti di Abano, ricostruendone in modo dettagliato ed appassionante la complessa genealogia. Infatti per comprendere la genesi di quell’evento, ma soprattutto per riflettere sul ruolo della polizia e sugli spazi di libertà nell’italia liberale, Brunello procede ad un esame accurato dei percorsi di vita «sovversiva» che si snodano negli anni Settanta tra Ferrara, la provincia padovana, venezia e la Svizzera. Ogni capitolo prende il nome dal luogo in cui queste vicende si svolgono, scenari cittadini la cui descrizione fornisce una prima chiave di lettura per spiegare le dinamiche associative, i rapporti tra i «sovversivi», le azioni della polizia. La venezia degli scioperi operai, o la clericale e sonnolenta Ferrara, o ancora l’asfittica Monselice, segnano infatti in modo diverso connotati, comportamenti, aspirazioni dei soggetti e dei gruppi che operano in queste realtà, cosí come la peculiare forma assunta dal controllo poliziesco. E poi la Svizzera – Ginevra in primo luogo, ma anche lugano e Chiasso – luoghi dove i sovversivi trovano rifugio dalla persecuzione poliziesca e dove si organizzano congressi, si ricostruiscono rapporti bruscamente interrotti in italia, si «cospira». Nello stesso tempo però in Svizzera un solerte viceconsole italiano, Giuseppe Basso, mette in piede un efficiente sistema di controllo e di raccolta di informazioni sui rifugiati (potendo contare sul reclutamento di un importante esponente dell’internazionalismo italiano, Carlo Terzaghi), che avrà un ruolo decisivo negli eventi narrati.

All’interno di questi scenari si muovono alcune decine di personaggi – anarchici, repubblicani, sovversivi –, osservati e analizzati soprattutto attraverso le fonti di polizia, che produce su di loro dettagliati rapporti, relazioni, informative, schede biografiche. Nel rigoroso utilizzo delle fonti di polizia Brunello compie una duplice operazione di grande finezza euristica e narrativa. Infatti da un lato riesce a mostrare «sul campo» come si costruiscono queste fonti, attraverso quali canali vengono raccolte, catalogate, trasmesse le informazioni sui «sovversivi», insomma come le informazioni – vere, verosimili, false – si rincorrono e si alimentano all’interno della macchina repressiva. Dall’altro il metodo investigativo e le modalità con le quali la polizia raccoglie le notizie – come recitano le istruzioni del 1867 bisogna «far tesoro di qualunque indizio, seguire ogni traccia (…) cavarne (…) quelle induzioni che se non sono di una utilità immediata, possono diventarlo in processo di tempo» (p. 83) – diventano il palinsesto che guida la struttura e l’articolazione del libro. Analogamente a quanto fanno i funzionari di polizia Brunello procede per accumulazione di notizie, indizi, prove, testimonianze – anche apparentemente secondarie –, che trovano spiegazione e ragione d’essere in momenti successivi della sua narrazione. Esemplare in questo senso il modo in cui è trattata la vicenda di un congresso anarchico a Padova nel 1878. Brunello racconta come viene organizzato l’incontro, l’azione di sorveglianza della polizia, il ruolo decisivo di una soffiata che viene da venezia; l’identità della spia però viene per il momento taciuta, e svelata solo nel capitolo successivo dove lo stesso evento viene riletto alla luce del ruolo dell’informatore nella venezia anarchica. Non si tratta di esercizi di stile, né di artifici retorici, quanto piuttosto del tentativo – riuscito – di raccontare gli eventi seguendo i percorsi tortuosi e accidentati delle informazioni di polizia.

D’altra parte la contaminazione tra racconto storico e drammatizzazione rappresenta forse la cifra stilistica e argomentativa peculiare di questo lavoro. Essa si ritrova infatti non solo nella sua struttura complessiva, ma nel frequente inserimento di dettagli e descrizioni veri o verosimili (in quanto dedotti dalle fonti) al fine di rendere piú efficace la comprensione storica del personaggio e del contesto. Ecco ad esempio descritto l’ispettore Raimondi che «usciva di casa alle sei e mezza del mattino, ora in cui entrava la donna di servizio, mentre, per le calli, donne con cappelli di paglia portavano il latte dalla terraferma» (pp. 77-78). O ancora una scena da «interno notte»: «una stanza: un tavolo, un letto, qualche sedia (…) sul tavolo un manoscritto, giornali russi, italiani, francesi e svizzeri. Anna Kuliscioff, ventiseienne, trecce bionde. Si siede al tavolo. Accende una sigaretta. Apre il cassetto. Estrae un fascio di lettere. le stringerà al petto? Sí. È lei stessa a raccontarlo» (p. 126). la sfida narratologica del libro trova peraltro compiuta realizzazione nel momento in cui Brunello inserisce tra i capitoli alcuni «intermezzi», ossia dialoghi tra l’autore ed una lettrice che servono a Brunello per chiarire come ha costruito la sua ricerca, per puntualizzare situazioni e contesti, per preparare il lettore ai successivi eventi.

Questa scelta narrativa consente a Brunello di non limitarsi ad un esame dei meccanismi di controllo della polizia, ma di offrire una vivida ricostruzione dei protagonisti di queste vicende. Cosí, utilizzando quelle minute informazioni dei rapporti di polizia, incrociate sapientemente ad altre fonti (corrispondenze, racconti, autobiografie, giornali), Brunello fornisce degli straordinari ritratti in movimento degli anarchici veneti, nei quali piú che le posizioni politiche o i dissidi ideologici sono delineati l’aspetto fisico, le condizioni di vita, le relazioni sociali, i comportamenti, i contesti nei quali vivono e agiscono. I ritratti e le vicende dei protagonisti cosí brillantemente ricostruite producono alla fine un’efficace fotografia di gruppo, quella di una generazione di giovani idealisti, ribelli, appassionati alla causa dell’emancipazione, disposti in nome di questa a mettere a repentaglio la propria libertà. Sono scrivani, aspiranti scrittori, tipografi, universitari, che si ritrovano nelle osterie, redigono testi scapigliati, guardano con ammirazione ai bohémiens delle grandi città, scorazzano cantando per le strade e le campagne, ma nello stesso tempo si impegnano in un’inesausta opera di organizzazione, di apostolato politico, di redazione di testi incendiari. Alcuni di loro però si rivelano essere spie, che forniscono in tempo reale alla polizia informazioni su riunioni, congressi, corrispondenza, documenti redatti dagli internazionalisti.

La ricerca delle loro tracce – spesso occultate dalle stesse fonti di polizia che non indicano direttamente il nome dell’informatore – rappresenta il principale motore narrativo del libro; per individuare le spie, per seguire le loro mosse, per comprenderne il ruolo negli avvenimenti Brunello si impegna infatti in una accurata opera di investigazione, raccogliendo indizi, incrociando testimonianze, avanzando ipotesi. Non c’è però alcun intento sensazionalistico in questa ricostruzione, quanto piuttosto la consapevolezza del ruolo chiave giocato dagli informatori nella costruzione dei meccanismi di controllo e nello stesso tempo la volontà di offrire un ulteriore spaccato del mondo dei «sovversivi». La «banalità» del tradimento (si diventa spia per ripianare disastrate condizioni economiche, per aiutare un familiare, perché si cerca un posto di lavoro, perché ricattati) mostra il lato debole di questi giovani sovversivi, in bilico tra la rivoluzione e la difficile sopravvivenza quotidiana. Nel modo in cui Brunello delinea i tortuosi percorsi di questi uomini, si riassume il merito principale di questo libro, ossia quello di essere riuscito a ricostruire in modo esemplare ed efficace le strutture di controllo poliziesco nell’italia liberale, raccontando storie di una vita difficile.

Citation:
Enrico Francia: Rezension zu: Piero Brunello, Storia di anarchici e di spie. Polizia e politica nell’italia liberale, Roma, Donzelli, 2009. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, Nr. 147, 2010, S. 167-169.

Redaktion
Veröffentlicht am
17.10.2011
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Die Rezension ist hervorgegangen aus der Kooperation mit infoclio.ch (Redaktionelle Betreuung: Eliane Kurmann und Philippe Rogger). http://www.infoclio.ch/
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