S. Duvia: «Restati eran thodeschi in su l’hospicio»

Cover
Titel
«Restati eran thodeschi in su l’hospicio».. Il ruolo degli osti in una città di confine (Como, secoli XV-XVI)


Autor(en)
Duvia, Stefania
Erschienen
Milano 2012: Unicopli
Anzahl Seiten
202 S.
Preis
URL
Rezensiert für infoclio.ch und H-Soz-Kult von:
Simona Canevascini Venturelli

L’interessante lavoro di Stefania Duvia ripercorre la complessa figura dell’oste tra il XV e il XVI secolo. Specialisti nell’offrire ospitalità, gli osti comaschi si distinsero anche nel loro ruolo di intermediari commerciali, soprattutto nei confronti dei mercanti provenienti dal nord delle Alpi. Grazie alla posizione strategica rispetto alle regioni d’Oltremonte, Como dovette la sua fortuna ai mercanti tedeschi e al settore della manifattura laniera. Principali importatori di balle di lana, i commercianti nordalpini esportavano poi nei loro Paesi i tessuti tinti, attività in cui gli artigiani lariani eccellevano.

Attraverso fonti notarili, carteggi delle magistrature ducali e documenti statutari di Como e Milano, l’autrice si è addentrata nell’appassionante e complesso universo dell’ospitalità a pagamento fornendo un’ulteriore prova della complessità della figura dell’oste e della polifunzionalità delle strutture ricettive, che nella maggior parte dei casi non si limitavano alla semplice offerta di vitto e alloggio.

Dal momento che gli osti erano a contatto con persone di passaggio e venivano a conoscenza d’informazioni d’oltre confine, le autorità pubbliche sfruttarono questa particolare situazione per affidare loro compiti amministrativi, di controllo e di polizia. Essi dovevano vegliare su persone e merci allo scopo di evitare problemi di ordine pubblico, sanitario e fiscale. Erano anche tenuti a compilare liste di clienti, in cui figuravano dati anagrafici e informazioni sul viaggio in corso e, oltre ad accertarsi che gli ospiti non girassero per la città con armi proibite, non potevano assolutamente dare ricetto a malfattori o, peggio ancora, a omicidi o responsabili di ferimenti gravi. Inoltre, in caso di epidemie, dovevano selezionare la clientela in modo da evitare di alloggiare forestieri provenienti da regioni a rischio di contagio. Gli osti avevano poi il compito di accertarsi che i clienti non partissero con le loro mercanzie senza aver prima pagato il pedaggio.

Nel corso del XV secolo Como contava un’ottantina di osti. In genere l’albergatore non era proprietario ma affittuario dell’edificio che gestiva. I proprietari erano solitamente grandi famiglie nobiliari, mercantili o notarili, che percepivano cospicui canoni d’affitto e potevano contare su strutture sempre in buono stato grazie ai lavori di miglioria effettuati dai locatari.

In numerosi casi gli osti svolgevano anche altre attività lucrative, spesso connesse alla produzione e al commercio di generi alimentari, come quella di fornaio. Non di rado erano inoltre attivi nella politica locale, figurando tra i quadri dirigenti municipali; alcune famiglie di osti tentarono persino di instaurare una sorta di monopolio su determinati uffici.

Analogamente agli osti, anche le strutture ricettive, gli alberghi, assumevano funzioni che andavano ben oltre la semplice ospitalità. A Como potevano così supportare le esigenze del governo comunale, dando alloggio a ufficiali pubblici e reparti militari, oppure venivano sfruttati come spazi per compiere complesse operazioni di accertamento fiscale o per la stesura di inventari, per concludere accordi di interesse collettivo o per stipulare contratti di compravendita.

La permanenza a Como dei mercanti tedeschi veniva in larga misura gestita dagli albergatori, che non si limitavano a offrire loro vitto e alloggio, ma erano veri e propri punti di riferimento. Figure indispensabili, gli osti fungevano, infatti, da procuratori, agenti, commissionari e interpreti, assumendo un ruolo di primo piano negli affari commerciali dei clienti. Quali intermediari, avevano spesso il compito di consegnare la lana agli acquirenti e riscuotere il relativo credito stabilito dalle parti. Oltre alla lana, essi commercializzavano anche rame lavorato, carta e cuoio.

Un elemento degno di attenzione che emerge dallo studio di Stefania Duvia è pure il ruolo di interprete di taluni osti, spesso dotati di una buona conoscenza del tedesco. Il superamento delle barriere linguistiche era, infatti, indispensabile affinché le parti si intendessero pienamente ad esempio in occasione della stipula di accordi commerciali.

L’articolato e singolare mondo dell’ospitalità comasca viene infine approfondito attraverso le storie di due famiglie di albergatori, gli Inardi e i Della Porta, attivi per generazioni nel dare accoglienza ai mercanti stranieri.

Questo interessante lavoro costituisce un prezioso tassello nel poco esplorato mondo dell’ospitalità sudalpina. Benché incentrata sul periodo medievale (così come le altre ricerche in lingua italiana esistenti), la ricerca fornisce numerosi spunti di riflessione, di approfondimento e di paragone a chi si occupa di ospitalità nei baliaggi italiani, anche in epoche successive. Pur non facendo affari con ospiti del calibro dei mercanti tedeschi attivi sulla piazza lariana, il mondo degli osti e delle osterie dei baliaggi a sud delle Alpi presenta diverse analogie con il quadro esposto da Stefania Duvia. Analogie che vanno dal ruolo di mediatori assunto dagli osti, alla multifunzionalità delle osterie, passando dalla strumentalizzazione di queste ultime da parte delle autorità per mantenere un certo controllo sociale.

Citation:
Simona Canevascini Venturelli: Recensione di: Stefania Duvia: «Restati eran thodeschi in su l’hospicio». Il ruolo degli osti in una città di confine (Como, secoli XV-XVI), Milano, Unicopli, 2012. Prima pubblicazione in: Archivio Storico Ticinese, Vol. 152, pagine 331-332.

Redaktion
Veröffentlicht am
28.05.2013
Redaktionell betreut durch
Kooperation
Die Rezension ist hervorgegangen aus der Kooperation mit infoclio.ch (Redaktionelle Betreuung: Eliane Kurmann und Philippe Rogger). http://www.infoclio.ch/
Weitere Informationen