G. Alfani: Padri, padrini, patroni

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Titel
Padri, padrini, patroni. La parentela spirituale nella storia.


Autor(en)
Alfani, Guido
Erschienen
Venezia 2006: Marsilio
Anzahl Seiten
304 S.
Preis
URL
Rezensiert für infoclio.ch und H-Soz-Kult von:
Sandro Guzzi-Heeb, Histoire Moderne, Lausanne

Negli ultimi anni, anche in Svizzera numerosi studi di storia politica e sociale hanno evocato, da prospettive diverse, il ruolo del padrinato – o della parentela spirituale – nell’organizzazione di solidarietà politiche e sociali o nella costruzioni di rapporti clientelari. Particolare interesse ha riscontrato il rapporto clientelare nel caso di personaggi politici influenti, che contemporaneamente figurano come padrini di numerosi nuovi battezzati in determinate regioni: appare probabile, in tali casi, che la rete sociale costruita grazie al padrinato serva ad organizzare un certo consenso, un gruppo di clienti più o meno strettamente dipendenti da un patrono e ad esso fedeli. Ma in realtà ciò resta spesso un’impressione, poiché nelle pratiche quotidiane è perlopiù molto difficile dimostrare il contenuto concreto del rapporto fra padrini e figliocci. Ancora meno studiata è la problematica delle madrine. È praticamente certo che la parentela spirituale poteva aprire alle donne molteplici possibilità di influsso e di alleanza sociale, che risultano tanto più significative trattandosi di un gruppo che non possedeva molti altri strumenti di affermazione di un potere sociale. Alcune donne appaiono nei loro villaggi come persone estremamente influenti grazie alle reti di rapporti creati con numerosi figliocci o figliocce e le loro famiglie. In molti casi, è anche la madrina a trasmettere il proprio nome di battesimo alle bambine battezzate: ma al di là di tal rapporto, facilmente leggibile nei registri di battesimo, mancano studi che permettano di approfondire il significato concreto del ruolo di madrina. Nonostante i limiti delle conoscenze in merito, la parentela spirituale si impone con sempre maggiore chiarezza come un tema rilevante per meglio comprendere vari aspetti della storia politica e sociale, e questo dalla fine dell’età romana fino ad oggi.

In tale prospettiva il libro di Guido Alfani, pubblicato da Marsilio, costituisce un utile strumento per inquadrare il fenomeno nel suo complesso: l’agile sintesi – circa 300 pagine, compresi indici e bibliografie – riassume sapientemente i risultati essenziali della ricerca storico-antropologica fino ai nostri giorni. Attraverso alcuni approfondimenti locali, frutto di studi più dettagliati dell’autore su casi italiani, il volume apre inoltre alcune interessanti prospettive di interpretazione sul significato dell’istituzione del padrinato in una società moderna. Diciamo subito che l’impianto stesso del libro riflette chiaramente gli orientamenti e gli interessi del suo autore: il periodo moderno risulta chiaramente dominante, mentre la prospettiva italiana ispira gran parte dell’opera. Secondo l’autore, tale impianto costruttivo è comunque motivato anche dalle fondamentali trasforma489 zioni a cui la parentela spirituale fu sottoposta alla fine del Medio Evo e soprattutto nel XVI secolo: evoluzioni culminate nella rielaborazione dottrinale operata dal Concilio di Trento.

Nell’introduzione, Alfani riassume e commenta in modo critico la tradizione storiografica e antropologica riguardante la parentela spirituale, mettendo in particolare in guardia da pregiudizi e conclusioni affrettate che si sono tramandate a partire dall’opera classica di S. Mintz e E. Wolf «An analysis of ritual Kinship (comparadzo) » del 1950. Alla luce degli studi più recenti – sostiene Alfani – alcune prospettive indicate dai due antropologi non appaiono più condivisibili: in particolare la tesi della decadenza del padrinato conseguente alla dissoluzione delle strutture feudali. L’autore rileva come l’acritica accettazioni di simili idee non solo abbia distolto gli studiosi dall’approfondire la problematica, ma abbia anche contribuito a mantenere una visione sbagliata. L’appendice storiografica, unitamente all’ampia bibliografia alla fine del volume, permettono di precisare e approfondire tali questioni.

Nel capitolo 1, Alfani rievoca le origini complesse del padrinato, risalenti ai primi secoli dell’era cristiana. Come già rilevato dai riformatori del XVI secolo, nelle scritture non ci sono tracce chiare dell’istituzione del padrinato: la sua creazione e elaborazione fu un fenomeno complesso, durato vari secoli, e strettamente legato allo sviluppo delle chiese cristiane. Nella chiesa primitiva – ricorda Alfani – non esisteva padrinato nel senso odierno. Il battesimo era riservato agli adulti, i quali erano però accompagnati da sponsores, che erano in qualche modo garanti della loro vita cristiana. Una svolta essenziale avvenne con la diffusione del battesimo infantile, a partire dal V secolo: padrini furono allora gli adulti che garantivano dell’educazione cristiana del battezzato, rispondendo a suo nome alle domande rituali poste dal sacerdote. Tuttavia, anche l’istituzione del padrino e della madrina non coincise automaticamente con la definizione di una parentela spirituale, con i relativi divieti e tabù: tale evoluzione ebbe luogo fra il V e l’VIII secolo, in particolare sotto l’impulso della codificazione dottrinale nella chiesa bizantina. Secondo Alfani, il motore di tale codificazione fu il divieto dell’incesto, la volontà di evitare rapporti fra padrini, madrine e figliocci che nelle comunità cristiane erano percepiti come sconvenienti. Ma ci si potrebbe chiedere se alla base non abbia agito anche la volontà della chiesa di valorizzare la parentela spirituale come elemento di coesione e rafforzamento della società cristiana di fronte alle solidarietà profane, veicolate dalla parentela biologica.

Il capitolo 2 analizza la situazione alla fine del Medio Evo e nel primo Cinquecento, mettendo a fuoco una delle tesi centrali di Alfani: al contrario di quanto proposto da diversi approcci classici, non esiste un modello unico di parentela spirituale, ma piuttosto «una molteplicità di usi locali», cioè un’interpretazione e adattamento piuttosto libera delle dottrine ufficiali, che pose un grave problema ai teologi della controriforma, preoccupati di purificare e regolamentare le pratiche delle popolazioni cattoliche. Usi locali che però, una volta accettati, si dimostreranno parecchio tenaci. Tornerò in seguito sul capitolo 3, che analizza alcuni studi recenti sul padrinato, e che forse sarebbe stato più utile unire alla parte più analitica dell’opera, ai capitoli 9 e 10. I capitoli da 4 a 8 analizzano poi in modo dettagliato la riflessione cinquecentesca sul problema del padrinato, la sistemazione dottrinale operata dal Concilio di Trento e l’applicazione pratica delle riforme. L’innovazione fondamentale consisté nell’imposizione canonica di un padrino e di una madrina per ogni battezzato. Mentre negli usi precedenti – a seconda dei costumi locali – ogni nuovo battesimo poteva generare rapporti molteplici, con numerosi padrini e madrine.

Nonostante forti resistenze periferiche, la riforma tridentina riuscì ad imporsi in tempi abbastanza brevi: in Italia sembra che nel giro di una trentina d’anni gran parte delle parrocchie abbiano adottato il modello canonico di coppia. Non senza eccezioni significative, però, come rivela lo studio recente di Vincent Gourdon su Roma nel XIX secolo. Ciononostante l’aspirazione più profonda della chiesa di moralizzare padrini e madrine, e di farne quindi agenti attivi nell’educazione cristiana dei battezzati, di renderli dunque compartecipi della grande offensiva di conquista culturale, fallì. Tanto che nel Seicento tale strategia fu sostanzialmente abbandonata, privilegiando altri strumenti di influsso sulle popolazioni cattoliche, quali la diffusione del catechismo e l’educazione. Su questo punto, l’analisi dell’autore è forse un po’ schematica, proponendo un’alternativa rigida fra parentela spirituale e catechismo, semplificando così la complessità di strategie di acculturazione adottate dalla Controriforma. Sarebbe inoltre stato interessante sapere cosa stesse succedendo contemporaneamente in campo protestante, dove il padrinato conservava gran parte del suo significato.

Nel capitolo 9 l’autore propone un bilancio dell’istituzione del padrinato quale strumento di alleanza sociale: una riflessione che in realtà era già stata lanciata nel capitolo 3. La prima conclusione rileva ancora una volta l’estrema flessibilità dello strumento della parentela spirituale: un carattere già rilevato negli studi antropologici classici, ma che nell’analisi di Alfani si arricchisce di nuovi significati. La flessibilità si rileva infatti anche nei numerosi modelli locali di padrinato e nel numero stesso di relazioni che esso poteva generare. Una caratteristica centrale di tale istituzione è proprio la sua capacità di sottrarsi a costrizioni strutturali, per offrire «spazi importanti all’improvvisazione e a comportamenti unici e non ripetuti». Il suo punto di forza è la sua «possibilità di articolarsi per rispondere a esigenze particolari ed eccezionali» (p. 223). In questo senso la parentela spirituale, come legame «debole», non altamente impegnativo dal punto di vista sociale, permetteva di completare, o correggere, secondo esigenze particolari e individuali altri legami forti, quali la parentela biologica. Una sua funzione abbastanza generale sembra comunque essere stata quella di permettere una certa formalizzazione di rapporti fra diverse classi. Resta il problema di capire quale fosse il contenuto concreto delle relazioni fra padrino, madrina, figliocci e le rispettive famiglie. In questa prospettiva l’autore esamina gli studi recenti, concentrandosi sulle ricerche di David Sabean sulla Germania meridionale e di Bertrand Vernier sull’isola greca di Karpathos. La comparazione mostra, ancora una volta, significati e valenze molto diverse della parentela spirituale: secondo Sabean i padrini avevano ad esempio sovente funzioni di mediatori sul mercato immobiliare, favorendo transazioni fra i loro figliocci o le rispettive famiglie. Mentre secondo Vernier, a Karpathos il padrinato aveva una funzione integrativa fra contadini e pastori, che costituivano gruppi sociali nettamente distinti. Sono indicazioni estremamente interessanti e significative per i futuri approfondimenti in questo settore.

Il capitolo conclusivo si occupa dell’evoluzione della parentela spirituale dal Seicento fino ai nostri giorni. Uno dei dati che emergono con maggiore chiarezza dalle considerazioni dell’autore concerne la carenza di studi sul fenomeno: lacune evidenti, che obbligano l’autore a muoversi su un terreno infido, e sono probabilmente corresponsabili di qualche opacità nelle interpretazioni proposte. Alfani pone un punto di domanda dietro il presupposto classico di un sostanziale declino dell’istituzione del padrinato: le lacune nelle ricerche settoriali non gli permettono però di illustrare i termini dell’evoluzione contemporanea, né di dare un quadro chiaro della situazione attuale, punto di fuga delle sue riflessioni. Ma illustrando i risultati di studi recenti, Alfani rimette in pratica in questione la prospettiva classica, parlando di successive evoluzioni e di adattamenti del rapporto di padrinato. Da un canto, riferendosi all’importante studio, già menzionato, di David Sabean, Kinship in Neckarhausen, Alfani mostra che durante l’Ottocento non si può parlare tanto di declino dell’istituzione, quanto di una sua trasformazione. D’altro canto, analizzando alcune tendenze della parentela spirituale nel nuovo Mondo, il libro mostra la vitalità di varie forme di padrinato e di comparatico, la loro capacità di adattamento a nuove situazioni economiche e sociali – ad esempio attraverso l’invenzione del «padrino del primo motorino» o «della prima automobile». Certo, dal punto di vista della chiesa cattolica (ma non di quella ortodossa), è caduta la definizione del padrinato come forma di parentela, e sono stati abbandonati i relativi divieti: tuttavia le sopravvivenze di tale legame rituale come forma «debole» di alleanza o di vicinanza sociale andrebbero analizzate con grande attenzione.

In sintesi, Padri, padrini, patroni rappresenta uno strumento di grande utilità per inquadrare il fenomeno della parentela spirituale, per comprendere la sua mutevole importanza sociale e per approfondire la riflessione sull’importanza del padrinato per l’organizzazione delle società del passato. Gli approfondimenti sui casi italiani in età moderna offrono spunti metodologici e teorici di grande interesse. I limiti del volume sono strettamente legati alle lacune nella ricerca in questo campo; soprattutto alla estrema difficoltà di ricostruire i contenuti concreti del rapporto di padrinato o di madrinato – problema lucidamente discusso dall’autore nel capitolo 3: in questa ottica il merito del volume è di fare il punto degli studi recenti e indicare i problemi aperti. La critica più importante da muovere al bel volume di Alfani è legata alla scarsa visibilità delle donne nelle reti sociali, dovuta alla loro rara apparizione nelle fonti scritte. Peccato che anche in questo volume le madrine restino ancora piuttosto in ombra: nonostante alcune indicazioni estremamente interessanti – il fatto ad esempio che nel modello con molteplici padrini e madrine, le donne sembrano essere state considerate meno importanti – l’autore non ha molto sviluppato questo aspetto, che forse avrebbe potuto essere uno dei più interessanti. In questo senso il titolo del volume «Padri, padrini, patroni» appare rivelatore di un’ottica che effettivamente rimane soprattutto maschile.

Citation:
Sandro Guzzi-Heeb: Compte rendu de: Guido Alfani: Padri, padrini, patroni. La parentela spirituale nella storia. Venezia, Marsilio, 2006. Première publication dans: Revue suisse d’histoire, Vol. 57 Nr. 4, 2007, pages 488-491.

Redaktion
Veröffentlicht am
05.03.2012
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Die Rezension ist hervorgegangen aus der Kooperation mit infoclio.ch (Redaktionelle Betreuung: Eliane Kurmann und Philippe Rogger). http://www.infoclio.ch/
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