F. Mundt (Hrsg.): Kommunikationsräume im kaiserzeitlichen Rom

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Titel
Kommunikationsräume im kaiserzeitlichen Rom.


Herausgeber
Mundt, Felix
Reihe
Topoi 6
Erschienen
Berlin 2012: de Gruyter
Anzahl Seiten
XVIII, 278 S.
Preis
€ 79,95
Rezensiert für H-Soz-Kult von
Gian Franco Chiai, Institut für Griechische und Lateinische Philologie, Freie Universität Berlin

Il presente volume raccoglie i contributi di un congresso svoltosi a Roma presso l’istituto svizzero tra il 24 ed il 28 Febbraio 2010 e si apre con un’ampia introduzione del curatore, contenente insieme ai sunti dei singoli articoli anche una discussione sul concetto di spazio della comunicazione (Kommunikationsraum). Gli spazi della comunicazione sono da intendere non solo in senso topografico-spaziale, quali spazi adibiti ad una comunicazione, sia essa di carattere sociale, politico o religioso, ma anche in un significato virtuale, quali luoghi di scambio di informazioni tra persone con gli stessi interessi: internet col suo mondo virtuale rappresenta sicuramente l’esempio più evidente. In maniera concreta la maggior parte dei contributi si propone indagare Roma, intesa quale spazio urbano di comunicazione tra individui che condividono gli stessi luoghi, le stesse leggi, gli stessi culti etc. Il libro è stato intelligentemente suddiviso in tre sezioni: la comunicazione attraverso i monumenti (contributi di Muth, Freyberger e Schmitzer), lo spazio cittadino quale condizione per la comunicazione privata e pubblica (contributi di Voegtle, Knape e Stenger) e gli spazi cittadini della comunicazione costruiti nella letteratura (contributi di Mundt, Egelhaaf-Gaiser, Labate, Fuhrer e Bettetini).

Nel primo contributo Susanne Muth (Reglementierte Erinnerung. Das Forum Romanum unter Augustus als Ort kontrollierter Kommunikation, p. 3–47) analizza in una prospettiva diacronica il foro di Augusto a Roma quale spazio in cui su di un piano visivo viene messo in scena a Roma il discorso politico, con tutte le problematiche ad esso connesse. Diversi edifici di carattere pubblico e religioso (costruiti in periodi diversi) costituivano la cornice architettonica di questo luogo, che ospitava vari monumenti, eretti in onore o in memoria di personaggi politici. Lo spazio del foro va per questo considerato come un palcoscenico pubblico, sul quale lo spettatore poteva seguire il discorso politico della capitale dell’impero. Attraverso una minuziosa analisi delle fonti archeologiche, numismatiche e letterarie la studiosa ricostruisce il nuovo modo di rappresentare il passato nel periodo che vede il passaggio dalla repubblica al principato. Il passato che viene rappresentato è quello mitico della nascita di Roma e del periodo regio, che si può agganciare al presente e non entra in concorrenza con esso, come potrebbe accadere per il periodo repubblicano. Questo processo avviene da una parte tramite la rimozione di determinati monumenti (il monumento equestre di C. Maemius o quello di Furius Camillus), la conservazione di altri (i monumenti equestri di Silla, Pompeo e Cesare o la statua della lupa) e l’erezione di nuovi, come ad esempio la colonna rostrata di Augusto, che aveva il proprio pendant in quella di Duilio.

Klaus Stefan Freyberger (Sakrale Kommunikationsräume auf dem Forum Romanum, p. 49–76) analizza il ruolo della Basilica Emilia, quale spazio della comunicazione. L’edificio venne fatto erigere dalla gens Aemilia sul luogo in cui secondo la tradizione prima sorgeva l’atrium regium, la residenza dei re di Roma, fatta costruire da Numa Pompilio, di cui per altro gli Aemilii si dicevano essere discendenti. Questa basilica rappresentava simbolicamente in termini architettonici la continuazione repubblicana dell’antica residenza dei monarchi romani. Secondo la tradizione storica presso questo luogo ebbe anche luogo lo scontro tra Romani e Sabini, terminato con la stipula di un trattato di pace presso il tempio di Venus Cloacina a cui fece poi seguito la costruzione del tempio di Giano, posto insieme ad altri sacelli lungo la cosiddetta via sacra. Si tratta di monumenti saldamente ancorati al passato mitico-storico della città, che dovevano possedere un forte carattere evocativo. Davanti alla Basilica Emilia si ergono i resti del tempio dedicato alla coppia imperiale divinizzata, Antonino Pio e Faustina. Con ogni probabilità, come l’autore mostra, questo edificio è da identificare con l’originario tempio di Iuppiter Stator, fondato da Romolo, che fu poi riadattato per accogliere il suddetto culto imperiale. Casi simili sono già attestati per il tempio del Divo Vespasiano e per l’Adrianeo, che si sovrappongono ugualmente ad edifici di epoca tardo-repubblicana. Ad est del tempio di Giove Statore sorgeva poi non a caso il tempio di Romolo, l’odierna chiesa dei Santi Cosma e Damiano, formando così insieme agli altri edifici vicini un complesso architettonico connesso alle protostoria romana del periodo regio. Ulrich Schmitzer (Der Kaiser auf dem Forum. Das Forum Augustum als gebauter und geschriebener Raum öffentlicher Kommunikation, p. 77–102) offre una dettagliata analisi delle testimonianze letterarie relative alle diverse forme di utilizzo del foro di Augusto, quale luogo di comunicazione non solo di carattere politico e forense.

Simone Voegtle (Admiror, paries, te non cecidisse ruinis / qui tot scriptorum taedia sustineas. Graffiti und Karikaturen als Medien der Kommunikation im städtischen Raum, p. 105–121) analizza il fenomeno dei graffiti, intesi sia nel senso di iscrizioni parietali, sia in quello di disegni, quale forma di comunicazione (di carattere spontaneo) negli spazi cittadini. La maggior parte dei graffiti conosciuti proviene, fatta eccezione per l’Egitto, da Roma e da Pompei. Essi sono l’espressione di una comunicazione spontanea, che avviene per iscritto o con l’uso di immagini, spesso dal carattere non elaborato. La studiosa sottolinea la stretta interazione tra i graffiti ed il mondo contemporaneo, da cui la maggior parte di tali rappresentazioni grafiche, sia che si tratti di iscrizioni o di raffigurazioni, trae ispirazione. In questo caso la città, quale palcoscenico della vita, rappresenta non solo la cornice sociale, ma anche e soprattutto la fonte ispiratrice di tale attività, i cui destinatari sono i cittadini stessi. Joachim Knape (Duale Performanz in Rom, p. 123–141) offre una panoramica sugli aspetti performativi della retorica a Roma e sui suoi rapporti con gli spazi della città. Jan Stenger (Sitzen bleiben oder aufstehen? Caesars symbolische Kommunikation auf der Bühne des Forum Iulium [Suet. Iul. 78], p. 143–168) analizza il significato simbolico e performativo dello stare seduto di Cesare di fronte ai membri del senato nella cornice del Foro. Si trattava di un voluto atto di provocazione nei confronti delle tradizionali istituzioni della repubblica, inscenato in uno degli spazi pubblici più importanti della città.

Felix Mundt (Rom als Bühne bei Cassius Dio, Herodian und in der Historia Augusta, p. 173–194) prende in considerazione il ruolo che Roma, quale palcoscenico della politica dell’impero, assume nell’ambito della storiografia di età imperiale. Le narrazioni che vi vengono ambientate, prescindendo dalla loro obiettività storica e dal fatto se lo scrittore abbia visitato la città, sono evocative a livello visivo di una serie di immagini, che conferiscono agli spazi della città descritti una dimensione quasi teatrale. Lo studioso individua a tal proposito tre elementi caratterizzanti: il rimando a Roma, quale theatrum mundi (quanto accade nella città anticipa quello che accadrà all’impero), l’uso di verbi appartenenti alla sfera semantica del vedere e l’utilizzo di scene oniriche, descriventi sogni (una forma di comunicazione tra dei e mortali), che rivelano verità future.

Ulrike Egelhaaft-Gaiser (Jahresfest am Tiberufer: Anna Perenna und die ‘Topographie der Zeit’ in Ovids Fasten, p. 197–226) studia la figura mitica di Anna Perenna attraverso la testimonianza ovidiana dei Fasti, ricorrendo al concetto di cronotopo. Questo concetto, coniato da Michail Bachtins, viene usato in riferimento ad unità di luogo, nelle quali si concretizza il tempo astratto: in questo modo nascono quelle che lo studioso chiamava ‘Raum-Zeiteinheiten’. Nel caso della festa dedicata ad Anna Peperna merita attenzione l’ambientazione che fa da cornice a questo rituale: uno spazio boschivo, situato nel suburbio di Roma. Mario Labate (Prospettive ovidiane per la città imperiale, p. 227–238) offre un’analisi comparativa della poetica ovidiana, quale evocatrice degli spazi mitici dei primordi della città di Roma, mostrando il modo in cui nell’opera del poeta spazi urbani e mitici si intersecano.

Therese Fuhrer (Philosophische Schulen und ihre Kommunikationsräume im spätrepublikanischen und kaiserzeitlichen Rom, p. 241–252) studia il ruolo delle scuole filosofiche quali luoghi della comunicazione nella cultura romana. Le scuole filosofiche ateniesi, alle quali si legavano le immagini ed i ricordi di Platone ed Aristotele, erano assorte al ruolo di veri e propri luoghi della memoria: non è un caso che il quinto libro del De finibus di Cicerone sia ambientato presso l’accademia platonica. L’insegnamento filosofico, che a Roma non possedeva un’antica tradizione, avveniva invece nelle case degli alunni o anche in locali affittati. I luoghi della comunicazione filosofica a Roma non sono quindi (a differenza che ad Atene) materialmente e topograficamente localizzabili: si tratta di luoghi non materiali, presenti nella memoria, nei quali si scambiano e si comunicano conoscenze, idee ed impressioni. I partecipanti a tale comunicazione possono anche essere materialmente lontani tra loro. Il carattere ‘privato’ di tale comunicazione emerge anche dalla cornice narrativa dei dialoghi filosofici di Cicerone, costituita in genere dagli spazi privati o dalle ville di campagna dell’autore: il mondo dei filosofi viene così metaforicamente presentato come una ‘Gegenwelt’, che si oppone al materiale pragmatismo della città. La storia tacitiana della morte di Trasea, avvenuta nelle stanze della sua dimora in presenza del filosofo cinico Demetrio, trasmette l’immagine di una comunicazione filosofica che avviene in ambito privato, alla quale solo pochi eletti hanno accesso. Maria Bettetini (Comunicazione e scambio di idee negli spazi narrati da Agostino di Ippona, p. 253–264) analizza il carattere simbolico dei diversi spazi urbani citati nelle Confessioni di Sant’Agostino: gli spazi urbani, quali luoghi della comunicazione, divengono simboli della civitas dell’animo dell’autore.

Il volume, che rappresenta il riuscito tentativo di uno studio interdisciplinare degli spazi urbani quali luoghi della comunicazione, suscita esso stesso l’impressione di uno spazio di proficua e reciproca comunicazione tra studiosi di diverse discipline dell’antichità.

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