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G. Chiesi: Ticino ducale

Canobbio, Elisabetta </>
 
Autor(en):
Titel:Ticino ducale. Il carteggio e gli atti ufficiali. Volume III, Gian Galeazzo Maria Sforza. Reggenza di Bona di Savoia, Tomo II
Ort:Bellinzona
Verlag:Stato del Cantone Ticino
Jahr:
ISBN:-
Umfang/Preis:745 S.

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Elisabetta Canobbio
E-Mail: </>

Con il secondo tomo del terzo volume riguardante l’anno 1478 Ticino ducale torna alle sue origini. Secondo il progetto editoriale definito negli anni Cinquanta – e opportunamente rievocato da Giuseppe Chiesi nell’introduzione (Genova e Giornico. Un anno, due sconfitte, pp. VII-Lx) – spettava infatti ai documenti attinenti alla battaglia di Giornico inaugurare la pubblicazione di fonti storiche sulla Svizzera, anche se successivamente le difficolta` editoriali poste dall’ingente quantita` di materiali rinvenuti indussero il primo curatore Luciano Moroni Stampa ad avviare l’opera con i documenti relativi al principato di Francesco Sforza.

Come i volumi che l’hanno preceduta, anche questa tranche dell’ambiziosa iniziativa presenta in forma integrale un ragguardevole corpus di documenti (1274 atti) conservati nelle serie dell’Archivio di Stato di Milano e riguardanti le terre ticinesi che in eta` sforzesca appartenevano al Ducato di Milano e le regioni limitrofe (Mesolcina, Valtravaglia, Val d’Intelvi, Leventina, feudi dei Rusca). Questo criterio risulta particolarmente proficuo per i materiali riferibili agli eventi che nel 1478 coinvolsero le regioni settentrionali del Dominio e ai quali non fu estraneo il complesso quadro internazionale. Minacciata dalle ambizioni dei fratelli di Galeazzo Maria Sforza, assassinato sullo scorcio del 1476, e indebolita dal riaffiorare delle fazioni e delle aspirazioni autonomistiche di citta` suddite, la reggenza di Bona di Savoia scontava infatti gli azzardati orientamenti diplomatici di Galeazzo Maria: le relazioni coi Confederati, in particolare, erano state guastate dall’alleanza con la Borgogna del 1475, ma il Ducato era anche oggetto delle manovre di Sisto IV e del re di Napoli per rompere l’alleanza con Lorenzo de’ Medici nella guerra seguita alla congiura dei Pazzi.

In questo contesto maturo` la sedizione di Genova fomentata da Alfonso d’Aragona – alla quale alludono diversi documenti sul reclutamento di mercenari svizzeri da parte degli Sforza e sulle intelligenze di Prospero Adorno coi Confederati – e trovarono terreno fertile le secolari ambizioni degli urani nei confronti dei territori a sud del Gottardo. Nei mesi che videro la sconfitta milanese sul fronte ligure, dalla corrispondenza tra la Reggenza e la fitta rete di informatori nell’area ticinese emergono le circostanze contingenti che innescarono lo scontro, quali il temporeggiamento del pontefice nel confermare la cessione a uri della Leventina, formalmente ancora dipendente dalla giurisdizione dei canonici ordinari di Milano, le vessazioni fiscali denunciate da mercanti svizzeri, le rivendicazioni di parte urana sulla collazione e sulla gestione patrimoniale dell’ospizio di Pollegio, i danni lamentati da sudditi svizzeri contro selve castanili in territorio ducale. L’escalation del conflitto non fu frenata dalle risposte sostanzialmente positive date dai delegati sforzeschi alle requisitiones presentate dagli ambasciatori di uri su questi elementi di tensione (docc. 152 e 157), mentre l’attivismo del legato papale presso la Lega Svizzera Prospero Medici da Camogli – ambasciatore ducale in Francia negli anni Sessanta, quindi sostenitore die Genovesi e aspro nemico di Cicco Simonetta – fu decisivo nel vincere la tepidezza di citta` e cantoni maggiori, che nella seconda meta` di novembre aderirono in rapida successione alla spedizione urana.

Oltre ad elementi utili per ricostruire il contesto nel quale divampo` il conflitto, le carte edite nel volume offrono una considerevole mole di dati sugli eventi che interessarono il Bellinzonese, permettendo di seguire il rafforzamento delle strutture difensive del borgo, le prime azioni di Leventinesi e di liberi combattenti svizzeri, le pressanti richieste avanzate dai funzionari locali per ricevere da Milano aiuti militari, il lento radunarsi delle truppe sforzesche, l’avanzata del compatto esercito svizzero, l’assedio posto al borgo dal 2 al 16 dicembre, le parallele incursioni dei Confederati verso il passo di San Jorio, il Locarnese e Lugano. Dal 16 dicembre rivivono nel fitto carteggio la prostrazione del borgo dopo la ritirata degli Svizzeri, l’aspro confronto tra comandanti sforzeschi, il governo centrale e i Bellinzonesi circa l’opportunita` di continuare immediatamente le ostilita`, i difficili preparativi della spedizione contro la Leventina, le avverse condizioni in cui le truppe sforzesche si mossero, fino agli imbarazzati e reticenti resoconti sulla „vituperosa rota et poltronescha“.

Indispensabili per ricomporre il quadro événementiel della spedizione dei Confederati e della battaglia di Giornico e per sottrarlo a letture ideologizzanti – come fatto da Chiesi nelle agili pagine introduttive – questi materiali costituiscono anche un punto di osservazione molto ampio su aspetti nevralgici per il governo del Dominio nella difficile congiuntura che fece da sfondo ai primi anni della Reggenza. Prevalenti sono le carte che riferiscono del concreto funzionamento dell’apparato militare ducale, ma attraverso questa prospettiva e` possibile valutare anche altre questioni vitali per il governo dello stato quali l’attivita` degli officiali ducali dislocati sul territorio, le relazioni con le comunita` e coi feudatari, l’organizzazione finanziaria.

Le biografie dei condottieri che coordinarono le operazioni, in particolare, sono per molti versi esemplari della cerchia di collaboratori selezionata da Galeazzo Maria Sforza e caratterizzata da molte intersezioni tra vertici militari, ambienti di corte ed organismi di governo riformati dal duca. Accanto a Gian Pietro Bergamino e a Marsilio Torelli – rispettivamente un veterano di Francesco Sforza e un tipico esponente della feudalita` lombarda “addomesticata” dal primo Sforza attraverso condotte militari – e a condottieri stranieri (si veda l’esempio di Gian Battista Anguillara), fra i comandanti impegnati nel Bellinzonese figurano membri del più stretto entourage di Galeazzo Maria: tra gli altri, il rampollo di uno die casati più L illustri della nobilta` lombarda legato ai duchi da vincoli di parentela, relazioni feudali e collaborazioni militari quale il capitano e consigliere ducale Pier Francesco Visconti di Brignano di Geradadda; l’esponente di un ramo minore di una cospicua famiglia signorile rapidamente impostosi nell’entourage del principe grazie alle capacita` militari come il conte Giovanni Antonio dei Secco di Caravaggio; un valido uomo d’arme qualificato da importanti conoscenze e legami finanziari che l’avevano reso anche un prezioso informatore e collaboratore del duca quale Ambrogino da Longhignana. Di questi personaggi il carteggio pubblicato restituisce un’immagine molto ricca. Assai densi dal punto di vista informativo, gli scritti dei condottieri – ma analoghe considerazioni valgono anche per quelli di alcuni funzionari attivi sulla scena delle operazioni – presentano infatti anche un piano più personale, evidente nelle valutazioni sugli avvenimenti, nelle reazioni alla condotta di colleghi e funzionari, nelle riserve nei confronti del governo milanese (esemplari le lettere riguardanti lo scontro con la Reggenza circa la spedizione punitiva in Leventina), e in tal modo lasciano intravedere anche la considerazione che questi uomini avevano del mestiere delle armi e del servizio al principe.

Le missive che danno conto del convergere verso Bellinzona delle truppe inviate dalla Reggenza – richiamando un altro dei molti spunti offerti dalle carte – evocano le diverse “anime” della macchina da guerra sforzesca: dal Monferrato, dal Lodigiano, dal Piacentino, da Genova, dal Bergamasco, da Mantova furono richiamati squadre di fanti scelti e contingenti dei reparti ducali di cavalleria, ma non manco` la mobilitazione di alcuni esponenti di spicco dell’irrequieta feudalita` locale in grado di concorrere con seguiti armati e risorse alla difesa di valichi strategicamente importanti e al sostentamento delle truppe – Pietro Rusca nel Locarnese, Vitaliano Borromeo nell’alto Verbano, Antonio Beccaria in Valtellina. A queste forze si aggregarono uomini arruolati nelle regioni vicine – dalla Valle di Lugano alla Valsolda, dal vicariato di Varese al Lario, in Valsassina – peraltro con esiti poco brillanti: tra le comunita` rurali gli uomini adatti alle armi scarseggiavano (gli uomini sono „partim vegi e l’altri inepti a manezare armi, e ultra di quello non se trova gli sia arme alcune o pochissime“, rifeì il capitano della Val Lugano, doc. 779) e l’esiguita` dei salari incoraggiava la renitenza degli uomini: „quando se daxeno qualchi dinari a casa de la brigata, se trovarebeno fanti asay, perché (…) dubitano che quando siano conducti non gli sia dato alchuna Cossa“, osservo` Bartolomeo da Clivio (doc. 813). Talora – ad esempio a Mendrisio, nella pieve di Balerna, nel vicariato di Varese, in Val d’Intelvi – il rifiuto a contribuire alle spese per le cernite fu giustificato evocando esenzioni, uno status di separazione o, più concretamente, gli esborsi gia` sostenuti per l’alloggiamento dei soldati. Nelle relazioni dei capitani non mancano considerazioni sulle ricadute di queste modalita` di reclutamento: entro la fine di novembre buona parte delle cernite provenienti dal Lario si erano date alla fuga „dicendo loro non voler piu dimorare qui per non essere apti né experti dello mestere“ (doc. 884); nel mese successivo si ordino` agli officiali di stanza a Bellinzona di sostituire quelle poste nei castelli con altrettanti fanti forestieri „de li più fidati che habiati“ (doc. 1001) mentre Pier Francesco Visconti garantì al governo milanese di fare “bona provisione“ contro cernite e soldati che erano fuggiti (doc. 1182).

Accanto all’arruolamento, un elemento critico dell’apparato bellico sforzesco risulta costituito dalla scarsita` dei mezzi, imputabile anzitutto a una precaria organizzazione delle risorse, basata sulla fornitura diretta di generi di prima necessita` da parte delle comunita` dove i soldati erano di stanza o di passaggio. Inoltre, gli sforzi profusi da Galeazzo Maria per allestire un grande esercito – un apparato potente ed aggressivo, che fosse strumento della sua politica militarista ma anche veicolo di propaganda nelle relazioni con le potenze straniere – avevano richiesto ingenti esborsi alle finanze dello stato, tra 1475 e 1475 ulteriormente provate da una pesante crisi economica, per cui anche la spedizione verso Bellinzona sconto` la carenza di mezzi necessari a sostenerla. La missiva con cui da Milano si ammise la difficolta` ad inviare armi, andate perse „in la rota de Zenoa“ (doc. 1058) o quella che denuncio` la riduzione di cavalli per la scarsita` di strame (doc. 1115) esemplificano una falla ricorrente nelle vicende belliche di questo periodo, ma un altro punto dolente risulta costituito dalla cronica esiguita` dei salari e dal sistematico ritardo die pagamenti: elementi, questi, in grado di condizionare l’andamento della spedizione, subordinando l’avvio di un’azione al versamento del soldo (doc. 1113), determinando l’anticipato abbandono del campo da parte dei militi gia` pagati (doc. 1130) o, ancora, impacciando le operazioni di rifornimento (doc. 680).

La presenza sul territorio di migliaia di soldati – le truppe che furono sconfitte a Giornico sono state stimate in 4500 uomini – richiese inoltre l’organizzazione di un adeguato sistema di vettovagliamento che, soprattutto dopo l’assedio da parte dei Confederati, non poté far affidamento sulle risorse disponibili in loco. Alle insistite richieste in proposito da parte degli officiali e dei comandanti, il governo rispose secondo schemi collaudati: furono concesse esenzioni dai dazi per le derrate dirette verso le localita` dove si erano acquartierate le truppe come Gallarate e Varese (docc. 826 e 834); si ricorse a prelievi forzosi presso le comunita` locali (doc. 1145); si coinvolsero i grandi feudatari della regione lacuale (doc. 1219); infine, in seguito al protrarsi della spedizione, si stabilirono centri di panificazione presso alcune localita` sulle sponde del Verbano, per garantire il trasporto delle vettovaglie attraverso la via d’acqua (doc. 675, 680). Nelle pressanti richieste in proposito non mancano denunce assai vive delle pesanti conseguenze che la penuria di mezzi ebbe anche sulle popolazioni: riprendendo l’osservazione di un funzionario ducale, i „desconzi“ che gli assedianti avevano inferto ai Bellinzonesi „de brusare de case, lignami da vitte, taliare vitte et arbori“ furono moltiplicati da quelli commessi alle persone e alle loro proprieta` dalle truppe sforzesche „che non sonno frati de Sancto Angello“ (doc. 1165), al punto che alla fine dell’assedio i comandanti suggerirono di intraprendere la parziale smobilitazione delle truppe da Bellinzona, per evitare che i borghigiani subissero „due extermini, l’uno che hano recevuto da li inimici, l’altro che riceveriano da’ nostri“ (doc. 1169). Significativamente, il volume si chiude con elenchi di spese e con richieste di esenzioni che evocano con concretezza i costi del conflitto e anticipano un ulteriore elemento di impaccio nelle future relazioni tra il governo degli Sforza e le comunita` del Ticino ducale.

Zitierweise Elisabetta Canobbio: Compte rendu de Ticino ducale. Il carteggio e gli atti ufficiali, Volume III, Gian Galeazzo Maria Sforza. Reggenza di Bona di Savoia, Tomo II, 1478, a cura di Giuseppe Chiesi, Bellinzona, Stato del Cantone Ticino, 2010. Première publication dans: Archivio Storico Ticinese, Nr. 150, 2011, p. 311-313. <http://hsozkult.geschichte.hu-berlin.de/infoclio/id=19394>