M.P. Guermandi: La cognizione del paesaggio

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Titel
La cognizione del paesaggio. Scritti di Lucio Gambi sull’Emilia Romagna e dintorni.


Herausgeber
Guermandi, Maria Pia; Tonet, Giuseppina
Erschienen
Bologna 2008: Bononia University Press
Anzahl Seiten
341 S.
Preis
URL
Rezensiert für infoclio.ch und H-Soz-Kult von:
Teresa Isenburg

L’IBC della Regione Emilia Romagna – «strumento della programmazione regionale e organo di consulenza degli enti locali nel settore dei beni culturali» – ha voluto ricordare il suo primo presidente, nel 1975, Lucio Gambi, rendendo accessibili alcuni dei suoi scritti, non facilmente reperibili, in un volume di 19 articoli e in un sito di 44 (www.ibc.regione.emilia-romagna.it/luciogambi/index.htm): un libro (e un sito) da leggere con cura. I testi selezionati riguardano in prevalenza la regione in cui opera l’IBC, ed in particolare la porzione di Romagna, cioè il laboratorio nel quale Gambi, per oltre 60 anni, ha da un lato tratto dati sperimentali grazie ad una capillare conoscenza, anche materiale, del territorio e dall’altro verificato le proprie interpretazioni di vasto respiro; sono stati inoltre inseriti alcuni contributi metodologici di riferimento (Geografia fisica e geografia umana di fronte ai concetti di valore, Faenza, Fratelli Lega, 1956; Critica ai concetti geografici di paesaggio umano, Faenza, Fratelli Lega, 1961; Le «Regioni» italiane come problema storico, «Quaderni Storici», 34, 1977, pp. 275-298), nonché quella che si può ormai considerare una sintesi classica di storia del territorio italiano, I valori storici dei quadri ambientali, in Storia d’Italia, I, Torino, Einaudi, 1972, pp. 3-60. Non cercherò in questa sede di dare conto puntuale del contenuto del volume+sito, ma mi permetterò di esprimere qualche riflessione su come leggere il lavoro scientifico di Gambi e perché continuare a farlo.

Da Lucio Gambi (Ravenna 1920-Firenze 2006) riceviamo un lascito materiale (direi cartaceo) di oltre 3000 pagine a stampa (la bibliografia è visibile sul sito della biblioteca Classense di Ravenna) e un vasto archivio di manoscritti (questi in parte esclusi dalla consultazione per circa tre lustri), geoiconografie (per riprendere un termine che egli preferiva a quello più usuale di carte), fotografie, cartoline, raccolto in tre luminose sale al primo piano della Classense scaffalate per contenere la sua biblioteca. Parallelo a questo denso complesso scorre un fiume carsico di trasmissione verbale, immateriale, veicolato da un magistero di oltre mezzo secolo non solo nelle aule universitarie, ma in scuole, archivi, sedi istituzionali con dibattiti, convegni, conferenze in cui sempre Gambi si è speso senza riserve.

Per ragionare sulla parte stampata, dal punto di vista della tipologia, essa si può dividere, in alcune categorie: le monografie, in numero di sei, che ospitano oltre 1600 pagine; due raccolte, per circa 400 pagine, approntate direttamente dall’autore, di testi brevi ai quali egli ha attribuito un valore metodologico duraturo; il rimanente, quindi un blocco di almeno un migliaio di pagine, distribuito in molte sedi editoriali, alcune di non facile accesso. Questi riferimenti quantitativi non intendono essere un semplice calcolo ragionieristico: essi sottolineano l’ampiezza delle pagine vergate con le quali ci si deve confrontare per capire il lavoro scientifico di Gambi e soprattutto vanno tenuti presenti perché il vasto cantiere di ricerca, in buona parte fisicamente disperso, si presenta invece compatto e unitario, direi indivisibile, sotto il rispetto dei contenuti e della metodologia: è un unico percorso retto da un progetto molto precoce nel tempo, estremamente lucido e interconnesso al proprio interno, e portato avanti, con passo costante e fermo, lungo il filo di una lunga intensissima vita di lavoro e di vigile partecipazione alla società civile. Infatti guardando con occhio inclusivo l’insieme degli scritti di Gambi, emerge in primo luogo la permanenza di alcuni temi (che ritroviamo tutti nel testo in esame) individuati precocemente e rivisitati più volte nel corso del tempo con la consapevolezza del loro modificarsi e differenziarsi a seconda del momento storico in cui si presentano e in cui li si osserva. Già la prima monografia del 1949, L’insediamento umano nella regione della bonifica romagnola (Consiglio nazionale delle ricerche, Centro studi per la geografia antropica presso l’Istituto di geografia dell’Università di Roma, Memorie di geografia antropica, vol. III, 1948, Roma 1949), recentemente resa di nuovo disponibile in riproduzione anastatica (con introduzione e indice a cura di Francesco Micelli, Sala Bolognese, Arnaldo Forni editore, 2008, pp. 218, tav. VIII), fin dal titolo annuncia argomenti destinati a durare: accanto allo sfondo generale e permanente dell’interrelazione fra quadri ambientali e insediamenti umani, la regione – nella sua espressione che coniuga ritaglio amministrativo, ripartizione storica e confini che si associano producendo armonia o invece discrasia – sarà per Gambi riferimento in ambito scientifico e civile; la bonifica, intesa come quel complesso interagire di acque, terre, gruppi sociali, lavoratori, capitali e tecnologie, specialmente in area padana, tornerà in molti articoli ed interventi fino ad anni recenti; laddove anche il titolo del volume spunto di queste riflessioni parla di paesaggio, su cui Gambi ha detto cose dirimenti, tanto che il 5 febbraio del 2009 la Fondazione Benetton, che periodicamente organizza una giornata di studio sul paesaggio – attualmente la sesta –, quest’anno l’ha dedicata proprio al nostro. Ulteriori due nodi ricorrenti e costanti sono stati la casa rurale e, naturalmente, la città. Ma anche questioni che magari uno pensava fossero emerse negli anni Settanta hanno radici assai più lontane: ad esempio sui beni culturali e museali si trova un articolo del 1942 che si aggancia senza stonature a quanto scritto trenta e passa anni dopo.

Altro elemento identificativo che percorre in modo continuativo il lavoro gambiano è l’uso delle fonti: la cartografia, cioè la geoiconografia, è prodotta a molte scale, spesso di prima mano, con una perizia grafica raffinata e in modo specifico per ciò di cui si sta parlando oppure è interrogata con sapienza sia nel suo corredo visivo che nel percorso tecnico, politico e culturale che ne ha permesso la creazione. In questo riecheggia la scuola, alla quale Gambi si era formato, di Roberto Almagià, con la sua sterminata conoscenza di cartografia storica; con lui Gambi collaborerà nei diversi aggiornamenti della Enciclopedia italiana, da lui, e da Renato Biasutti, sotto la cui guida mise a punto, sempre come borsista al CNR nel dopoguerra, la monografia del 1950 sulla casa rurale nella Romagna, credo che abbia anche derivato il gusto e la costanza di operare come organizzatore culturale nella società viva ben oltre le aule accademiche. Le fonti utilizzate in ogni elaborato sono quasi sempre diacroniche: Gambi aveva una ottima conoscenza di geografia del mondo antico, in particolare romano e fra gli antichisti godeva di grande stima, come dimostrano i numeri recenti della rivista «Geographia antiqua» o i primi capitoli della bonifica romagnola; ma conosceva a fondo la produzione dal Trecento al Cinquecento di cronache, descrizioni territoriali come quelle di Flavio Biondo e Leandro Alberti, piuttosto che i trattati degli scienziati settecenteschi (questo il tema del manoscritto rimasto tale, con grande perdita) e, naturalmente, una vasta letteratura venendo avanti nel tempo: questa possibilità di muoversi con padronanza e con stringatissimo controllo lungo il dipanarsi dei secoli e sapere cogliere i segni e i significati da essi lasciati sul territorio, fa del parlare di Gambi e delle sue pagine un magnete e allo stesso tempo un punto di contaminazione per il potente contenuto metodologico in essi sempre presente anche se raramente dichiarato. Né va sottovalutata la sua competenza di geografia fisica che gli permetteva (si prendano anche scritti molto letti come il saggio sui quadri ambientali della Storia d’Italia Einaudi) di inserire, con misura calibrata e discreta, riferimenti geomorfologici o geologici puntuali – mi verrebbe da dire cattaneani – nonché l’attenta osservazione del mondo vegetale, esplorato fin da giovane con l’amico naturalista romagnolo Pietro Zangheri e poi sempre presente nella quotidianità grazie alla compagna della sua vita, Ornella Vergnano, fitopatolaga. Buona lettura, dunque: e a ciascuno di selezionare le proprie affinità da una ricca messe.

Citation:
Teresa Isenburg: Rezension zu: Regione Emilia-Romagna – IBC Istituto per i beni artistici culturali e naturali, La cognizione del paesaggio. Scritti di Lucio Gambi sull’Emilia Romagna e dintorni, a cura di Maria Pia Guermandi e Giuseppina Tonet, Bologna, Bonomia University Press, 2008, pp. 341. Zuerst erschienen in: Archivio Storico Ticinese, Nr. 145, 2009, S. 159-160.

Redaktion
Veröffentlicht am
12.10.2011
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Die Rezension ist hervorgegangen aus der Kooperation mit infoclio.ch (Redaktionelle Betreuung: Eliane Kurmann und Philippe Rogger). http://www.infoclio.ch/
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